LA FRUIZIONE DELLE FORME SCENICHE CONTEMPORANEE

Mercoledì 2 maggio, dalle ore 15 alle 19, avrà luogo all'Università di Milano la giornata di studi "La fruizione delle forme contemporanee", organizzata da Adeline Thulard.
Il mio intervento è intitolato IL BIG BANG DEL DRAMMA: CHE COSA RIMANE?

Chiedi il programma completo

PRESENTAZIONE - Problematiche
(Adeline Thulard)

La fruizione delle forme sceniche contemporanee

Dall’inizio del Novecento, l’arte teatrale non è più solamente l’arte di scrivere o recitare il testo, ma
anche l’arte di realizzarlo in scena. Il teatro ritrova la sua definizione originaria di “luogo da cui si vede”,
attraverso il realismo – attento ad ogni dettaglio -, con la sinestesia e gli effetti visuali del teatro simbolista,
o ancora, con le forme di surrealisti e dadaisti in cui lo spettacolo oltrepassa il testo-materiale: la materia
visiva del teatro si mostra. A partire da questi movimenti di avanguardia, dove le forme prodotte sono più
vicine all’esperimento, al work in progress ante litteram, si formano nuovi modi di fare teatro in cui il visivo
ha la meglio sul testo. Il teatro degli anni Ottanta sviluppa delle forme più compiute, che saranno chiamate
“di postavanguardia”, in cui regna l’interdisciplinarietà e dove il testo diventa un elemento non privilegiato
dello spettacolo. Sono due le conseguenze provocate da questo spostamento di focalizzazione: da una
parte, una rivoluzione dell’organizzazione dello spettacolo, dall’altra, dello sguardo dello spettatore
sull’opera. Se non è più il testo a determinare ciò che avviene sul palcoscenico, come si dovranno comporre
i segni scenici? Hans Thies Lehmann (Le théâtre postdramatique, 2002) ha provato a definire questo teatro
postdrammatico e evidenzia con questo termine la rottura con la forma dominante del teatro e di
conseguenza, col testo. Altre definizioni mettono invece l’accento sul carattere visivo di questo tipo di
spettacolo: “teatro delle immagini”, “scritture sceniche”. Con l’assenza del riferimento al testo il teatro si
libera dall'idea di una storia da raccontare: senza di essa, lo spettacolo perde la sua struttura logica e i suoi
elementi non sono più immediatamente significanti.
Lo spettatore, in questa nuova disposizione, non è più colui che deve capire o interpretare un
messaggio. Per costruire il proprio spettacolo, egli deve lasciarsi coinvolgere dalle immagini, dalle
impressioni e dalle emozioni che esse suscitano. Nell’assenza di referente, non è più il senso a determinare
la fruizione, esso resta assente. Eppure i segni non sono astratti, possono rimandare a elementi di cui lo
spettatore ha conoscenza: una musica o un riferimento culturale che fanno da punto di riferimento. Il suo
sguardo cambia poichè il modo di percepire è completamente diverso a seconda che si debba seguire una
storia con dei personaggi ben identificati, dove ogni elemento può essere interpretato rispetto, oppure che
si debba semplicemente seguire delle impressioni sensoriali, senza che lo spettacolo sia sostenuto da uno
schema attanziale esterno all’immagine. In questa ottica mi sembra che anche lo sguardo teorico debba
cambiare.
Se lo spettacolo non è più organizzato rispetto al testo, la validità degli strumenti teorici
tradizionali, sia dell’estetica che dello studio teatrale, deve essere di nuovo interrogata. I segni del
palcoscenico postdrammatico non sono più immediatamente colti dallo spettatore, non obbediscono più
alla logica della rappresentazione o della mimesis. Di conseguenza, bisogna ripensare le teorie teatrali che
all’origine si fondano su un’analisi linguistica dell’evento teatrale. Possiamo in tal modo chiederci se il
concetto tradizionale di drammaturgia sia ancora valido quando il testo è assente. Se la drammaturgia è
infatti tradizionalmente organizzazione dell’azione, quest’ultima esiste ancora in questi teatri più vicini alla
performance? Anche per quanto riguarda l’estetica, le teorie della fruizione sono in pericolo: di fronte a
spettacoli che provocano un forte impatto emozionale nello spettatore, la nozione di piacere rivalorizzata
da Jauss deve essere riformulata.
3
La ricerca ha ricevuto una spinta in Europa dalle già citate riflessioni di Lehmann. La prospettiva
estetica lehmanniana ispirata a Jauss e a Szondi in ambito teatrale, secondo cui una forma artistica è una
risposta ad uno stato della società, non sembra molto adatta agli spettacoli multiformi che hanno luogo in
una realtà come la nostra, sempre in movimento. La fruizione delle opere dipende sicuramente dal mondo
in cui vive lo spettatore, dalle sue abitudini percettive, sensoriali e affettive. In questo caso, però, le
possibilità sono troppo numerose, quasi contradittorie e danno luogo ad interpretazioni riduttive.
In lingua francese, il secondo saggio che segna la riflessione sul postdrammatico è il libro di
Catherine Bouko Théâtre et réception: le spectateur postdramatique (2010). L’autrice sceglie una
prospettiva semiologica mutuata dalle teorie di Peirce, per studiare il segno postdrammatico e il suo
legame col senso al fine di chiarire il modo in cui lo spettatore puo produrre un senso dallo spettacolo.
Questo testo ridefinisce i criteri del genere e traccia una teoria netta e aperta al movimento di queste
forme en acte.
Queste ricerche segnano dunque l’inizio di una fase di ricerca da sviluppare e pongono numerose
domande fondamentali su questo tipo di teatro, sugli strumenti teorici per affrontarlo e sui regimi di
percezione contemporanei. Per tanto, lo scopo di questa giornata sarà quello di esplorare i diversi ambiti e
strumenti teorici che potrebbero dare nuova luce allo studio della fruizione delle forme sceniche
contemporanee. Ci interrogheremo sulla natura visiva dello spettacolo teatrale e sulle conseguenze dello
sviluppo delle immagini a dispetto del testo, sulle nozioni tradizionali della teatrologia come della
drammaturgia. Ci si chiederà se quest’ultima deve essere riconsiderata in una prospettiva scenica, come
organizzazione del senso in scena o se può continuare a designare il testo teatrale. Il testo deve comunque
essere ripensato, creando nuovi concetti che rendano conto di un rifacimento del dramma. Altre
prospettive potranno essere esplorate, riprendendo le riflessioni dei performance studies americani, che
propongono una lettura dell’avvenimento teatrale che si concentra sia sulla sua natura effimera sia sulla
dimensione memoriale che possono rivestire. Oltre agli strumenti degli studi teatrali anche quelli
dell’estetica saranno interrogati, per tentare di formulare l’esperienza fruitiva che entra in gioco in tali
spettacoli contemporanei. Esperienza corporea, materiale, che si concentra sull’individuo, sull’aspetto reale
del soggetto performer e spettatore, integrando processi di creazione al margine dell’istituzione teatrale.